Settimana toro. Il mercato rialzista è iniziato? 3 indizi indicano che ci siamo quasi…

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Settimana decisamente positiva per l’azionario che guarda oltre i dati macro poco incoraggianti e si aggrappa alla speranza di una FED “paziente” alla prossima riunione del 22 marzo ma prima di allora c’è un’altra bella gatta da pelare

Andiamo con ordine, a breve sarà tutto più chiaro…

A guardare la reazione dei mercati questa settimana la prima domanda che viene in mente è: Ci sono le basi per assistere ad un rally duraturo dei mercati?

Risposta breve: Sì! Si stanno creando i presupposti per assistere ad un rimbalzo sostenibile.

Prima di passare alla risposta “lunga” ed argomentare sul perché potremmo assistere ad un inizio di bull run entro quest’anno, dobbiamo fare il punto della situazione attuale.

La Situazione attuale

Ecco una panoramica delle performance delle principali asset class d’investimento:

Performance settimanale delle principali asset class

Come vedi i mercati azionari hanno recuperato buona parte del rally di inizio anno con tutti i principali indici azionari finalmente in positivo.

La settimana sui mercati

Ecco cosa ha mosso i mercati questa settimana:

Dopo il potente sell-off sulle azioni statunitensi della scorsa settimana causato da un indice dei prezzi per le spese personali (PCE) più alto del previsto, questa settimana ad alimentare il rimbalzo ci hanno pensato 2 driver principali:

  1. Le parole accomodanti di un membro della FED: gli investitori si sono sentiti rincuorati dopo che giovedì, Raphael Bostic della FED di Atlanta ha dichiarato che la banca centrale potrebbe sospendere i suoi aumenti dei tassi quest’estate. Detto che Bostic non è più un membro votante del comitato che decide sui tassi (FOMC), stiamo comunque parlando di una personalità di primissimo piano nella politica monetaria americana. I trader hanno quindi interpretato i suoi commenti come accomodanti e ciò per ora è bastato a far prevalere gli acquisti;
  2. La resilienza (fin troppa a mio avviso) del settore dei servizi: Come puoi vedere dall’immagine successiva, l’indice che misura l’attività non manifatturiera (appunto quella dei servizi) è in pieno territorio di espansione con un valore di 55,1 (valori superiore a 50 indicano un’economia in espansione).
Indice dei servizi dell’Institute for Supply Management (ISM) – febbraio 2023

L’indice è stato più alto rispetto alle stime di Bloomberg (54,5) e la domanda che ti starai ponendo è: Perché in un contesto in cui “good news is bad news” le azioni salgono se l’economia reale migliora? Se davvero ti sei posto anche tu questa domanda: COMPLIMENTI! Stai cominciando ad acquisire una mentalità analitica da investitore.

La risposta è all’interno del grafico precedente. Come vedi, la linea gialla che rappresenta il movimento dei prezzi del settore dei servizi è in continua diminuzione e seppur ancora molto più in alto della media storica, è comunque una piccola vittoria nella lunga (più del previsto) guerra all’inflazione.

Fatto sta che se dovessi contare sulle parole di Bostic o sulla linea gialla all’interno di un grafico per costruire le mie aspettative sui futuri movimenti di mercato, allora probabilmente farei prima ad investire tutto in BTP e lasciar perdere questo mestiere…

Tre indizi fanno una prova

Ci sono a mio avviso, ben 3 aspetti “promettenti” nell’attuale situazione economica che fanno ben sperare in un rimbalzo duraturo dell’azionario.

1) L’inflazione

Primo tra tutti: l’inflazione sta scendendo. Sì, certo, non al ritmo a cui speravamo e non in tutti i settori ma volendo tornare alle nostre “linee” sui grafici, è evidente che il movimento al ribasso dei prezzi negli ultimi mesi è stato comunque apprezzabile dal picco di giugno 2022.

Inflazione e indice delle spese personali negli Stati Uniti

C’è però ancora una voce che continua a rallentare il percorso di normalizzazione dei prezzi ed è l’inflazione dei servizi.

Quando si pensa all’inflazione la prima cosa che viene in mente è il carrello della spesa. Sì, certo, l’aumento del prezzo di cibo e bevande è probabilmente la prima cosa che noi consumatori notiamo assieme all’aumento del costo dei carburanti ma che tu ci creda o no, quella è solo la punta dell’iceberg ed ha un peso relativamente basso all’interno del paniere complessivo. Ma non credermi sulla parola…

Ecco una mia elaborazione grafica delle componenti dell’economia ed il relativo peso nel paniere su cui si calcola l’inflazione:

Inflazione negli Stati Uniti per categoria

Questo grafico è sviluppato sugli ultimi dati disponibili dal Bureau of Labor Statistics. Se vuoi, puoi dargli un’occhiata al seguente link: Bureau of Labor Statistics

Come vedi il “carrello della spesa” incide solo per il 13,5% sul paniere complessivo, l’energia solo per il 7% e le Commodities non energetiche (vestiti, auto, alcolici, tabacchi, ecc…) per poco più del 21%.

Quello che conta davvero sono i servizi!

Combattere l’inflazione dei servizi è molto più difficile che combattere quella dei beni perché molto meno sensibile alle politiche monetarie e ai tassi d’interesse. Questo accade perché buona parte dei prezzi dei servizi dipende dal costo del lavoro (e non dalle materie prime ed energetiche come per il settore manifatturiero). Se il mercato del lavoro è forte (e ciò è evidente dal tasso di disoccupazione ai minimi pluriennali e dagli aumenti salariali elevati) allora i prezzi dei servizi continueranno a tenere alta l’inflazione.

La scorsa settimana abbiamo avuto i dati sugli aumenti salariali. In particolare, abbiamo visto che lo stipendio medio di ogni americano “occupato” è cresciuto del 4,4% rispetto a gennaio 2022.

Tasso di crescita della busta paga in America

Come forse già saprai, la  FED vuole vedere questo valore intorno al 3% – 3,5% per raggiungere il suo obiettivo di inflazione del 2,0%.

Siamo ancora un pò altini…

Ho voluto fare un’indagine più approfondita per capire quali settori stanno incidendo maggiormente sugli aumenti salariali.

Aumenti salariali per settore

Come vedi da questa mia elaborazione su dati del BLS (Puoi vederli qui) neanche a farlo apposta sono proprio i settori dei servizi ad avere aumenti sopra la media.

Ho infatti calcolato l’aumento in busta paga di ogni singolo settore economico (ultima colonna) ed è emerso, senza grosse sorprese, che tutti i settori con una crescita della busta paga superiore alla media del 4.4%, fossero relativi ai servizi (li ho evidenziati in azzurro).

PS da notare come l’IT e la finanza in America paghino 48$ e 43$ l’ora. In Italia neanche i super manager guadagnano tanto ma vabbè… questa è tutta un’altra storia.

Tutta questa prosopopea, spero quantomeno interessante, per dire che non mi preoccuperei più di tanto del tasso di decrescita dell’inflazione più lento del previsto. Questo perché, come spero di averti sufficientemente argomentato, l’inflazione negli Stati Uniti ora è quasi tutta colpa dei servizi e questi sono semplicemente meno reattivi alla politica monetaria.

Sebbene questi fattori possano essere lenti a risolversi, personalmente mi aspetto che nel tempo il mercato del lavoro inizi a normalizzarsi ed ora ti dico perché. Forse avrai notato (salvo non aver vissuto su Marte negli ultimi 12 mesi) che la FED ha messo in atto il più grande rialzo dei tassi d’interesse dagli anni ’80.

Questo ovviamente aumenterà la pressione sui profitti aziendali e margini minori si traducono in meno assunzioni e/o stipendi più bassi. Simple as that ma a breve argomentiamo anche questo aspetto…

Di contro, se gli aumenti salariali ed il numero di assunzioni dovessero continuare ad aumentare, allora sì che ci sarebbe un problema, quantomeno nel breve.

Cosa guardare sui mercati la prossima settimana. La cosa più importante!

A tal proposito saranno di fondamentale importanza i dati di venerdì prossimo sulle Non Farm Payrolls.

Cosa guardare sui mercati la prossima settimana

Ragazzi (e ragazze che finalmente cominciano a seguirmi e ad interagire con molta più costanza) qui ci giochiamo buona parte del rally di questi primi 70 giorni dell’anno.

In base a quanto detto finora, se dovessimo avere cattive notizie venerdì, in particolare su:

  • Retribuzione oraria superiore al 4,7%
  • Buste paga non agricole (Non Farm Payrolls) superiori a 200.000 unità
  • Tasso di disoccupazione inferiore o uguale al 3,4%

…allora avremo un problema e dovremmo aspettarci ritracciamenti anche importanti.

Credo che su questo siamo tutti d’accordo ma veniamo agli altri 2 fattori che sembrano aver preso una piega positiva per noi investitori azionari.

Prima di concludere la rassegna voglio ricordarti che ho aperto le iscrizioni al mio percorso sugli investimenti. Il corso è 100% pratico e si propone di fornire tutti gli strumenti per operare in modo consapevole sui mercati anche a chi parte da zero.

Una sbirciata al corso – lezione 14

Se ti farà piacere, anche solo per curiosità, Accedi alla prova gratuita, ascolta quello che ho da dirti, non ti ruberò più del tempo necessario per capire se è “fuffa” o se magari posso darti davvero qualcosa.

Torniamo a noi…

2) L’allentamento della stretta monetaria

Parliamoci chiaramente, dopo gli ultimi dati sul mercato del lavoro, sull’inflazione scesa meno del previsto e sull’indice dei prezzi per le spese personali (PCE) addirittura in aumento, le aspettative del mercato per gli aumenti dei tassi della FED sono notevolmente aumentate dall’inizio dell’anno.

Sono addirittura aumentate rispetto ad un mese fa…

Andamento atteso del tasso sui fondi federali rispetto a un mese fa

Le previsioni di mercato utilizzando il Fed Funds Futures Implied Rate (FFM2 COMB Comdty) ora prevedono almeno tre ulteriori rialzi dei tassi nel 2023 (nelle riunioni del FOMC di marzo, maggio e giugno), che porterebbero il tasso sui Fed Funds intorno al 5,5%-5,75% (ora siamo al 4,75%-5%).

Non so fino a che punto ha senso fare proiezioni a 3-4 mesi quando si parla di politica monetaria ma personalmente mi attendo massimo 2 aumenti dello 0,25% ed ora ti dico perché

Dai un’occhiata a questo grafico che mette in relazione l’inflazione USA (CPI index) con il tasso federale (FUND FUND RATE):

La convergenza tra FED FUND RATE e il CPI

Storicamente la FED tende a non sospendere i rialzi dei tassi fino a quando non raggiunge o supera il tasso di inflazione.

Ora ipotizziamo altri 2 aumenti da 0,25 punti base a marzo e maggio. Il FED Fund arriverebbe al 5,25%-5,5%.

Attualmente l’inflazione è al 6,4% ma abbiamo altre 2 letture prima del meeting FOMC del 3 maggio. Se l’inflazione dovesse scendere sotto il 6% (o meglio ancora sotto il 5,7%-5,8%) allora difficilmente Powell & Co. correranno il rischio di gettare l’economia in una recessione più forte di quella che già si prospetta, facendo un aumento anche a giugno.

Ed ecco qui che ci sarebbe la sorpresa… Ora il mercato sta prezzando altri 3 aumenti dei tassi (o 4 ma sempre per un totale di altri 75 P.B.).

Qualora la FED allentasse un po’ prima la morsa sull’economia, allora di certo avremmo una forte spinta rialzista sull’azionario. Come al solito, è (quasi) sempre tutta questione di aspettative…

Ma veniamo ora al terzo aspetto molto promettente in ottica di un rimbalzo duraturo dell’azionario che è anche il motivo del “quasi” della frase precedente.

3) Le aspettative sugli utili societari

Che ci piaccia o no, possiamo aggrapparci ad una lettura macro favorevole o “disperare” quando un banchiere centrale si dimostra più falco del previsto (vedi la Mester 2 settimane fa) ma alla fine della fiera noi investiamo in aziende. Salvo distorsioni temporanee delle valutazioni che ci sono e sempre ci saranno, se queste aziende “portano il grano a casa”, allora il loro prezzo sale, se fanno fatica a svuotare il magazzino, allora beh… le valutazioni scendono.

C’è poco da fare, vale per tutti, anche per chi investe in ETF su indici (del resto “lui” è titolare di centinaia o migliaia di azioni).

Vediamo quindi com’è la situazione delle “nostre” aziende.

Ho trovato una bella infografica da una fonte super autorevole (FactSet) che volevo condividere con te:

Il quarto trimestre 2022 delle società americane

Come vedi, con il 96% delle società dell’S&P 500 che ha riportato i dati del trimestre, abbiamo già un quadro piuttosto chiaro.

Il calo degli utili nel trimestre è stato complessivamente del 4,9%. Nonostante un calo degli utili non sia mai una buona notizia, di certo è andata meglio di quanto gli analisti immaginavano ad inizio anno quando le stime sugli utili del IV trimestre erano al -6,5%.

Stime sugli utili del 4° trimestre 2022 al 6 gennaio

Un calo degli utili minore del previsto è una buona notizia ma non è “la buona notizia”.

La buona notizia, a mio avviso, è nuovamente determinata dalle aspettative. Del resto si sà, in questo settore ruota tutto intorno alle aspettative.

Ad oggi gli analisti stanno continuando a diminuire le stime dell’utile per azione (EPS) per il 2023.

In particolare, prevedono un forte calo degli utili in questo primo trimestre: -5,9% ed un parziale recupero nel corso dei trimestri successivi per un utile per azione 2023 del +2,1% (a livello di S&P 500)

Tieni presente che solo 2 mesi fa, il mercato scontava un aumento degli utili del 4,6% nel 2023 come puoi vedere dall’immagine successiva.

Gli analisti prevedono un EPS in crescita del 2,1% per il CY (Calendar Year) 2023

Mi rendo conto che è un po’ piccola quindi ti inserisco il link di FactSet dove a pagina 27 potrai verificare di persona.

Sebbene questa sia stata una significativa revisione al ribasso, dal +4,6% di soli 2 mesi fa, ritengo sia importante che i mercati stiano reggendo nonostante l’abbassamento delle aspettative ma ti dirò di più…

Personalmente mi auspico sempre un decremento delle aspettative sugli utili perché, come nel caso delle aspettative sull’aumento dei tassi viste in precedenza, saranno poi più facili da battere tanto più che il P/E a 12 mesi dell’S&P (17,2) resta ancora sotto la sua media quinquennale (17,5) e comunque a multipli assolutamente accettabili nonostante il calo atteso atteso della “E” del rapporto.

Ma che non siamo in bolla ne abbiamo abbondantemente parlato nel mio precedente articolo: La storia non si ripete ma molto spesso fa rima.

In definitiva

Ritengo che probabilmente ci toccherà soffrire (leggasi accumulare) per un altro paio di trimestri ma che nel 2023 assisteremo alla fine dell’attuale bear market (iniziato il 3 gennaio 2022).

Nessuno può dire con esattezza quando supereremo il precedente massimo (ancora lontano un monumentale +18,5%) ma di certo un graduale rallentamento dell’inflazione (punto 1), una normalizzazione dei tassi d’interesse (punto 2) ed una sorpresa positiva degli utili societari (punto 3) creerebbero tutte le condizioni necessarie per assistere ad un rimbalzo duraturo dell’azionario.

Grazie per l’attenzione.

The Investment Boss

Il contenuto di questo articolo non vuole in alcun modo fornire suggerimenti o consigli di investimento.

 

 

 

 

 

 

 

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